WRC, il caso “parolacce”: trovato l’accordo tra piloti e FIA
Più libertà di espressione nelle interviste a caldo, ma ci sono anche le “aree controllate”
Dopo mesi di frizioni, proteste e silenzi eloquenti, si è chiusa, almeno per ora, la querelle tra i protagonisti del mondiale Rally e la FIA, in merito all’utilizzo di espressioni colorite durante le interviste al termine delle prove speciali. L’accordo, raggiunto tra l’associazione dei piloti WoRDA (World Rally Drivers Alliance) e la Federazione, mette fine a un braccio di ferro che ha avuto il suo culmine nel Safari Rally in Kenya.
Tutto è cominciato a febbraio, quando Adrien Fourmaux, pilota Hyundai, si era visto recapitare una multa da 10.000 euro, oltre a una sanzione sospesa di 20.000, per aver utilizzato un termine volgare durante un’intervista al termine del Rally di Svezia. Il francese aveva commentato così la propria prestazione nella PS11: “Ieri ho fatto una ca**ata”. La frase è bastata a far scattare la violazione dell’articolo 12.2.1.l del Codice Sportivo Internazionale 2025.
L’episodio ha innescato una reazione compatta e inaspettata. I principali nomi del WRC hanno deciso di costituire una propria associazione, la WoRDA, ispirandosi alla GPDA della Formula 1. L’obiettivo era chiaro: chiedere una revisione delle regole sulla comunicazione, in particolare riguardo l’applicazione delle sanzioni per l’uso di espressioni ritenute inadeguate, ma spesso frutto dell’adrenalina e della tensione del momento.

Ne è seguita una forma di protesta concreta. Al Safari Rally in Kenya, uno degli appuntamenti più simbolici del calendario, molti piloti hanno scelto di non rispondere alle domande post-prova oppure di parlare nella propria lingua madre. Adrien Fourmaux, Takamoto Katsuta, Kalle Rovanperä e Ott Tänak, tra gli altri, hanno aderito al gesto, spiegando che in quelle condizioni era impossibile garantire piena aderenza al regolamento.
Prove di mediazione dopo la figuraccia della FIA
“L’adrenalina è alta alla fine delle prove – aveva detto Tänak – e in certe situazioni serve un margine di comprensione. Non possiamo continuare a essere penalizzati per l’emotività del momento”. Il messaggio era chiaro: serviva un cambiamento.
Dopo settimane di silenzio istituzionale, la FIA ha aperto un tavolo di confronto con WoRDA. Il dialogo, secondo quanto raccontato da Julien Ingrassia, ex copilota e figura di riferimento della nuova associazione, si è sviluppato in modo costruttivo, grazie anche alla disponibilità mostrata da Emilia Abel, referente FIA nel processo.
Il compromesso raggiunto prevede la distinzione tra due tipi di aree all’interno del Rally: quelle controllate e quelle non controllate. Nelle ultime, come l’arrivo delle prove speciali, le fasi a bordo vettura o i tratti di trasferimento, sarà tollerata una maggiore libertà espressiva, purché le parole utilizzate non abbiano un’intenzione esplicitamente offensiva. Al contrario, nelle aree controllate, come conferenze stampa e zone miste si continuerà a richiedere un linguaggio appropriato.
Si tratta di una soluzione definita “di buon senso”, che non modifica il regolamento scritto (l’Appendice B del Codice Sportivo rimane intatta per il 2025), ma introduce una prassi condivisa tra FIA e WoRDA. L’accordo entra in vigore già dal Rally delle Isole Canarie, il prossimo evento in calendario.
“Siamo soddisfatti – ha dichiarato Ingrassia -. Era necessario un aggiustamento per tenere conto delle particolarità del nostro sport. Come in Formula 1, serve equilibrio tra regolamento e realtà della competizione. L’accordo riguarda esclusivamente il linguaggio: siamo tutti d’accordo nel mantenere un certo livello di rispetto, ma vogliamo anche che le emozioni restino parte del rally”.
Il precedente in Formula 1: un altro buco nell’acqua della FIA
La questione non era affatto nuova nel panorama dello sport mondiale. Già dalla scorsa stagione, la Federazione Internazionale ha iniziato una politica della censura nei confronti dei piloti di Formula 1, rei secondo il presidente Mohammed Ben Sulayem di utilizzare espressioni offensive durante i team radio e le interviste programmate dalla FIA nell’arco dei weekend di gara.
Una decisione che ha fatto storcere il naso a tutto il paddock della competizione sportiva più importante del mondo, questo perché, secondo il numero uno dell’organo mondiale del motorsport, i piloti devono dare il buon esempio ai giovani. Non si contano però l’adrenalina di una gara, di un momento, di un sorpasso o di una polemica, e per questo la GPDA, Grand Prix Drivers Association, ha provato a far sentire la propria voce tramite il suo riferimento in pista, ovvero George Russell, ma Ben Sulayem ha rispedito tutto al mittente: “I piloti devono pensare solo a guidare”.

Una situazione particolarmente antipatica e che in Formula 1 non ha trovato al momento soluzioni come invece sta accadendo nei Rally: i piloti non possono dire parolacce, altrimenti verranno sanzionati. Lo scorso anno, durante una conferenza stampa, Leclerc ne ha detta una ed è stato redarguito davanti ai giornalisti da un funzionario della FIA.
Verstappen, anche nell’ultima gara in Arabia Saudita, ha preferito non rispondere alle domande della Federazione dopo la gara per evitare di dire ciò che pensava. Una situazione di controllo che non sta bene a nessuno: la politica di Ben Sulayem continua a fare acqua a livello comunicativo, e la situazione potrebbe sfuggirgli di mano. Speriamo che questa apertura con i piloti Rally possa essere di ispirazione.
di Giuseppe Marino